The Winds of Winter – TYRION II

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Da qualche parte in lontananza, un uomo morente invocava sua madre. “A cavallo!” un uomo urlava in Ghiscardiano, nel campo a nord vicino a quello dei Secondi Figli. “A cavallo! A cavallo!” Alta e squillante, la sua voce giungeva lontano nell’aria del mattino, ben oltre il suo accampamento. Tyrion conosceva il Ghiscardiano quel tanto che bastava per capire le parole, ma la paura nella sua voce sarebbe stata comprensibile in qualsiasi lingua. So come si sente.

Era giunto il momento di trovare il suo cavallo, lo sapeva. Il momento d’indossare l’armatura di qualche ragazzo morto, cingere spada e pugnale, far scivolare il grande elmo ammaccato sulla sua testa. L’alba era giunta, e una scheggia di sole nascente era visibile da dietro le mura e le torri della città, accecante. A ovest le stelle stavano svanendo, una per una. Le trombe squillavano lungo lo Skahazadhan, i corni da guerra rispondevano dalle mura di Meereen. Una nave stava affondando all’imboccatura del fiume, in fiamme. Uomini morti e draghi guizzavano nel cielo, mentre le navi da guerra si schiantavano e scontravano nella Baia degli Schiavisti. Tyrion non poteva vederle da lì, ma poteva sentire i suoni: l’impatto d’uno scafo contro un altro quando le navi si urtavano, i toni profondi dei corni da guerra degli Uomini di Ferro e gli effeminati acuti zufolii di quelli di Qarth, i remi che andavano in pezzi, le urla e le grida di guerra, il cozzare di un’ascia su un’armatura, di spada contro scudo, il tutto mescolato agli strepiti dei feriti. Molte delle navi erano ancora ferme al di fuori della baia, così che i suoni provenienti da esse sembravano flebili e lontani, ma lui sapeva già quali fossero. La melodia del massacro.

A trecento iarde da dove si trovava si ergeva la Sorella Malvagia, il suo lungo braccio che oscillava carico di cadaveri –chunk-THUMP– ed ecco che volavano via nudi e gonfi, pallidi uccelli morti che voltolavano mollemente nell’aria. I campi d’assedio scintillavano in una nebbia sgargiante di rosa e oro, ma le famose piramidi a gradoni di Meereen si stagliavano nere in controluce. Qualcosa si stava muovendo in cima a una di esse, lo vedeva. Un drago, ma quale? A quella distanza, avrebbe anche potuto essere un’aquila. Un’aquila molto grande.

Dopo giorni trascorsi nascosto dentro le tende ammuffite dei Secondi Figli, l’aria aperta profumava di fresco e pulito. Anche se da dove si trovava non riusciva a vedere la baia, l’odore di sale gli diceva che doveva essere nelle vicinanze. Tyrion se ne riempì i polmoni. Una bella giornata per una battaglia. Da est il suono dei tamburi riecheggiò attraverso la pianura riarsa. Una colonna di uomini a cavallo sfrecciò davanti alla Harridan, sventolando le bandiere blu della Compagnia del Vento.

Un uomo più giovane avrebbe potuto trovare tutto ciò divertente. Uno più stupido avrebbe pensato che fosse magnifico e glorioso, fino al momento in cui un qualche schifoso schiavo-soldato di Yunkai con gli anelli ai capezzoli gli avesse piantato una scure in mezzo agli occhi. Tyrion Lannister non era così ingenuo. Gli dei non mi hanno plasmato per brandire una spada, pensò, quindi perché continuano a mettermi in mezzo a delle battaglie?

Nessuno sentì. Nessuno rispose. A nessuno fregava niente.

Tyrion si ritrovò a pensare di nuovo alla sua prima battaglia. Shae era stata la prima a muoversi, svegliata dalle trombe di suo padre. La dolce sgualdrina che gli aveva dato piacere per metà della notte aveva tremato nuda tra le sue braccia, come una bambina spaventata. O forse era tutta una recita anche quella, un inganno per farmi sentire coraggioso e brillante? Che grande attrice avrebbe potuto essere. Quando Tyrion aveva urlato a Podrick Payne di aiutarlo con la sua armatura, aveva trovato il giovane addormentato a russare. Non il ragazzo più sveglio che abbia mai conosciuto, ma uno scudiero decente, in fondo. Spero che abbia trovato un uomo migliore da servire.

Era strano, ma Tyrion ricordava la Forca Verde molto meglio della Baia delle Acque Nere. È stata la mia prima volta. Non si può dimenticare la prima volta. Ricordava la nebbia serpeggiante al largo del fiume, che s’avviluppava alle canne come bianche dita pallide. E la bellezza di quell’alba, si ricordava anche quella: stelle sparse in un cielo viola, l’erba scintillante come il vetro per la rugiada del mattino, il fulvo bagliore a est. Ricordava il tocco delle dita di Shae mentre aiutava Pod con l’armatura mal assemblata di Tyrion. Quel maledetto elmo. Come un secchio con uno spuntone. Quello spuntone lo aveva salvato, certo, gli aveva regalato la sua prima vittoria, ma Groat e Penny non erano mai sembrati ridicoli la metà di quanto doveva esserlo lui quel giorno. Shae lo aveva definito “temibile” quando lo aveva visto ricoperto d’acciaio, tuttavia. Come ho potuto essere così cieco, sordo, stupido? Avrei dovuto essere abbastanza furbo da non pensare col cazzo.

I Secondi Figli stavano sellando i cavalli. Lo facevano con calma, senza fretta, in modo efficiente; non era nulla che non avessero già fatto centinaia di volte. Alcuni di loro si passavano un otre di mano in mano, che si trattasse di vino o acqua non poteva dirlo. Bokkoko baciava spudoratamente la sua amante, una mano enorme a impastarle le natiche, l’altra avviluppata nei suoi capelli. Dietro di loro, Ser Garibald spazzolava la criniera del suo imponente castrato. Kem era seduto su una roccia, a guardare per terra… stava ricordando il suo defunto fratello, forse, o fantasticando su quell’amica ad Approdo del Re. Martello e Chiodo andavano da un uomo all’altro, controllando lance e spade, sistemando armature, affilando ogni lama che ne avesse bisogno. Lesto masticava le sue foglie amare, scherzando e grattandosi le palle con l’uncino. Qualcosa nel suo modo di fare ricordava a Tyrion Bronn. Ser Bronn delle Acque Nere, adesso, sempre che mia sorella non l’abbia ucciso. Il che potrebbe non essere così semplice come lei crede. Si chiese quante battaglie avessero combattuto questi Secondi Figli. Quanti scontri, quante scorrerie? Quante città hanno preso d’assalto, quanti fratelli hanno seppellito o lasciato a marcire? Rispetto a loro, Tyrion era un ragazzino immaturo, ancora inesperto, nonostante fosse più vecchio di oltre la metà della compagnia.

Quella sarebbe stata la sua terza battaglia. Temprato e insanguinato, timbrato e suggellato, un guerriero veterano, ecco chi sono. Ho ucciso alcuni uomini e ne ho feriti altri, sono stato ferito io stesso e sono sopravvissuto per raccontarlo. Ho guidato cariche, sentito soldati urlare il mio nome, tagliato a metà uomini più grandi e migliori di me, perfino avuto un paio di piccoli assaggi di gloria… e non era forse un buon vino corposo da eroi, e non ne vorrei magari un altro sorso? Eppure, nonostante tutto ciò che aveva fatto e visto, la prospettiva di un’altra battaglia gli faceva gelare il sangue nelle vene. Aveva attraversato mezzo mondo su palanchini, zattere e maiali, navigato su navi di schiavi e galee mercantili, montato puttane e cavalli, ripetendosi tutto il tempo che non gl’importava di vivere o morire… solo per scoprire che gl’importava un bel po’, dopotutto.

Lo Sconosciuto era montato sulla sua pallida giumenta e cavalcava verso di loro con la spada in pugno, ma Tyrion Lannister non aveva paura d’incontrarlo di nuovo. Non adesso. Non ancora. Non oggi. Che inganno sei, Folletto. Hai lasciato che un centinaio di guardie stuprassero tua moglie, trafitto il ventre di tuo padre con una balestra, stretto una catena d’oro attorno al collo della tua amante finché la sua faccia è diventata nera, eppure, in qualche modo, pensi ancora d’esser degno di vivere.

Penny era già nella sua armatura quando Tyrion scivolò all’interno della tenda che condividevano. S’era allacciata addosso una corazza di legno per anni durante la sua carriera nelle messinscene; una vera armatura e la maglia metallica non erano poi così diversi, una volta imparato a gestire tutti i fermagli e le fibbie. E se anche l’acciaio della compagnia era ammaccato qua e arrugginito là, graffiato, macchiato e opaco, non importava. Bastava che fermasse la spada.

L’unico pezzo che lei non aveva ancora indossato era l’elmo. Quando lui entrò, alzò lo sguardo. “Non sei in armatura. Che succede?”

“Le solite cose. Fango e sangue ed eroismo, uccidere e morire. C’è una battaglia fuori nella baia, un’altra sotto le mura della città. Dovunque si girino quelli di Yunkai, hanno un nemico alle spalle. Il combattimento più vicino è ancora a una buona lega di distanza, ma ci saremo in mezzo presto.” Da una parte o dall’altra. I Secondi Figli erano maturi per un altro cambio di padrone, Tyrion ne era quasi certo… anche se c’era un ampio abisso tra “certo” e “quasi certo”. Se ho giudicato male il mio uomo, siamo tutti perduti. “Mettiti l’elmo e bada che le cinghie siano ben strette. Mi sono tolto il mio una volta per evitare d’annegare, e mi è costato un naso.” Tyrion pizzicò la sua cicatrice.

“Prima bisogna che tu ti metta la tua armatura.”

“Come vuoi. Prima il giustacuore. Il cuoio bollito, con le borchie di ferro. Poi la maglia metallica sopra, quindi la gorgiera.” si guardò attorno nella tenda. “C’è del vino?”

“No.”

“C’era ancora una mezza caraffa avanzata dalla cena.”

“Un quarto di caraffa, e l’hai bevuta.”

Lui sospirò. “Venderei mia sorella per una coppa di vino.”

“Venderesti tua sorella per una tazza di piscio di cavallo.” Lo colse talmente alla sprovvista da farlo ridere sguaiatamente. “La mia passione per il piscio di cavallo è così nota o hai incontrato mia sorella?”

“L’ho vista solo una volta, quando abbiamo giostrato per il re fanciullo. Groat pensava che fosse bellissima.”

Groat era un leccasputi sottosviluppato con un nome stupido. “Solo un pazzo va in guerra sobrio. Plumm avrà un po’ di vino. E se morisse in battaglia? Sarebbe un delitto sprecarlo.”

“Sta’ zitto. Devo allacciare questo giustacuore.”

Tyrion ci provò, ma gli sembrava che la melodia del massacro si facesse sempre più forte, e la sua lingua non si lasciò trattenere. “Faccia di Budino vuole usare la compagnia per ributtare gli Uomini di Ferro in mare,” si sentì dire a Penny, mentre lei lo vestiva. “Tutto quel che avrebbe dovuto fare era scagliare tutti i suoi cavalli addosso agli eunuchi, alla carica, prima che arrivassero a dieci piedi dai loro cancelli. Spedirgli contro i Gatti da sinistra, noi e i Venti da destra, e far a pezzi i loro fianchi da entrambi i lati. Corpo a corpo, gli Immacolati non sono migliori o peggiori di qualunque altro lanciere. È la loro disciplina a renderli pericolosi, ma se non riescono a formare un muro di lance…”

“Solleva le braccia”, disse Penny. “Ecco, così va meglio. Forse dovresti comandare gli Yunkai.”

“Usano soldati schiavi, perché non comandanti schiavi? Ciò rovinerebbe la partita, però. Questo è solo un incontro di cyvasse per i Saggi Padroni. Noi siamo i pezzi.” Tyrion inclinò la testa da un lato, pensoso. “Ecco una cosa che hanno in comune con il Lord mio padre, questi schiavisti.” “Tuo padre? Che vuoi dire?”

“Stavo solo rammentando la mia prima battaglia. La Forca Verde. Combattemmo tra un fiume e una strada. Quando vidi l’armata di mio padre schierarsi, ricordo che pensai a quanto fosse bella. Come un fiore che schiudeva i suoi petali al sole. Una rosa scarlatta con spine di ferro. E mio padre, ah, non l’avevo mai visto così sfolgorante. Indossava un’armatura cremisi, con quest’enorme gualdrappa di stoffa d’oro. Una coppia di leoni dorati sulle sue spalle, un’altra sull’elmo. Il suo stallone era magnifico. Sua signoria si godette tutta la battaglia dalla groppa di quel cavallo e non si trovò mai a meno di cento iarde da un qualunque nemico. Non si mosse, non sorrise mai, non versò una goccia di sudore, mentre a migliaia morivano sotto di lui. Immaginami appollaiato su uno sgabello da campo, chino su una tavola di cyvasse. Potremmo quasi essere gemelli… se avessi un cavallo, qualche armatura cremisi, e una gualdrappa tessuta in stoffa d’oro. Lui era più alto. Io ho più i capelli.”

Penny lo baciò.

Si mosse così in fretta che non ebbe il tempo di pensare. Si proiettò avanti, veloce come un uccello, e premette le labbra sulle sue. Altrettanto velocemente finì. A che devo tutto ciò? Quasi domandò, ma già lo sapeva. Grazie, avrebbe potuto dire, ma lei avrebbe potuto interpretarlo come un’autorizzazione a farlo di nuovo. Bambina, non voglio ferirti, avrebbe potuto azzardare, ma Penny non era una bambina, e ciò che voleva non avrebbe lenito la ferita. Per la prima volta da quando gli importasse ricordare, Tyrion Lannister era a corto di parole.

Sembra così giovane, pensò. Una ragazzina, ecco cos’è. Una ragazzina, e piuttosto carina se riesci a scordarti che è una nana. I suoi capelli erano di un castano acceso, folti e ricci, e gli occhi erano grandi e fiduciosi. Troppo fiduciosi.

“Lo senti questo suono?” disse Tyrion.

Lei si mise in ascolto. “Che cos’è?” chiese mentre gli allacciava un paio di schinieri spaiati alle gambe rachitiche.

“Guerra. Su entrambi i nostri fianchi e a meno d’una lega di distanza. È un massacro, Penny. È uomini che incespicano nel fango con le budella che gli penzolano di fuori. È membra mutilate e ossa rotte e pozze di sangue. Hai presente quando i vermi escono fuori dopo una pioggia intensa? Ho sentito dire che fanno lo stesso dopo una grande battaglia se abbastanza sangue impregna il terreno. È lo Sconosciuto che arriva, Penny. Il Capro Nero, il Pallido Fanciullo, Colui dalle Molte Facce, chiamalo come vuoi. È la morte.”

“Mi stai spaventando.”

“Davvero? Bene. Dovresti proprio essere spaventata. Abbiamo gli Uomini di Ferro che brulicano a riva e Ser Barristan e i suoi Immacolati che si riversano dalle porte della città, con noi in mezzo, a combattere dalla maledetta parte sbagliata. Io stesso sono terrorizzato.”

“Lo dici, ma continui a scherzare.”

“Scherzare è un modo per tenere la paura a distanza. Il vino è un altro.”

“Sei coraggioso. Le persone piccole sanno essere coraggiose.”

Mio gigante di Lannister, sentì. Mi sta prendendo in giro. Quasi la schiaffeggiò di nuovo. La testa gli martellava.

“Non volevo farti arrabbiare,” dichiarò Penny: “Perdonami. Ho paura, tutto qui.” Gli toccò la mano.

Tyrion si staccò da lei. “Ho paura.” Erano le stesse parole che aveva usato Shae. I suoi occhi erano grandi come uova, e me la sono bevuta fino in fondo. Sapevo cos’era. Avevo detto a Bronn di trovarmi una donna e lui mi portò Shae. Le sue mani si chiusero a pugno, e la faccia di Shae gli volteggiò davanti, sorridente. Poi la catena che le si stringeva attorno alla gola, le mani d’oro che scavavano in profondità nella sua carne, mentre le sue, di mani, annaspavano contro la sua faccia con la forza di farfalle. Se solo avesse avuto una catena a portata di mano… se avesse avuto una balestra, un pugnale, qualsiasi cosa, avrebbe dovuto… avrebbe potuto… avrebbe…

Fu solo allora che Tyrion udì le grida. Si era perso in una rabbia nera, annegando in un mare di ricordi, ma le grida lo riportarono subito coi piedi per terra. Aprì le mani, respirò, si allontanò da Penny. “Sta succedendo qualcosa.” Uscì per scoprire cosa. Draghi.

La bestia verde volava in circolo sopra la baia, sbandando e turbinando mentre navi lunghe e galere si scontravano e bruciavano sotto di lei, ma era il drago bianco che i mercenari stavano fissando inebetiti. A trecento iarde di distanza la Sorella Malvagia ruotò il braccio, chunk-THUMP, e sei cadaveri freschi danzarono nel cielo. Salirono in alto, sempre più su. Poi due presero fuoco.

Il drago azzannò un corpo in fiamme non appena iniziò a ricadere, triturandolo fra le sue mascelle mentre pallide fiamme gli guizzavano tra i denti. Ali bianche schioccarono nell’aria del mattino, e la bestia risalì. Il secondo cadavere rimbalzò su un artiglio teso e precipitò verso il basso, per abbattersi tra alcuni cavalieri Yunkai. Persino alcuni di loro presero fuoco. Un cavallo s’impennò e disarcionò il suo cavaliere. Gli altri fuggirono, cercando di superare le fiamme finendo invece per alimentarle. Tyrion Lannister poteva quasi assaporare il panico che si spargeva tra gli accampamenti.

Il forte, familiare odore d’urina riempiva l’aria. Il nano si guardò attorno e fu sollevato nel vedere che era Calamaio che si era pisciato addosso, non lui. “Faresti meglio ad andare a cambiarti le brache,” gli disse Tyrion. “E mentre ci vai, gira il mantello”. Il contabile impallidì, ma non si mosse.

Era ancora lì, a fissare il drago ghermire cadaveri al volo, quando il messaggero arrivò a spron battuto. Un maledettissimo ufficiale, capì subito Tyrion. Vestiva un’armatura d’oro e montava un baio dorato. Con voce tonante annunciò che era venuto da parte del comandante supremo degli Yunkai, il nobile e possente Gorzhak zo Eraz. “Lord Gorzhak manda i suoi elogi al capitano Plumm e chiede che mandi la sua compagnia alla baia d’approdo. Le nostre navi sono sotto attacco.”

Le vostre navi stanno affondando, bruciando, fuggendo, pensò Tyrion. Le vostre navi sono state catturate, i vostri uomini passati a fil di spada. Era un Lannister di Castel Granito, vicino alle Isole di Ferro; quei razziatori non erano nuovi alle loro coste. Nel corso dei secoli avevano bruciato Lannisport almeno tre volte e fatto irruzione in essa due dozzine di volte. Gli abitanti di Westeros sapevano bene di quanta ferocia fossero capaci gli Uomini di Ferro; questi schiavisti lo stavano da poco imparando.

“Il capitano non è qui in questo momento,” disse Calamaio al messaggero. “È andato a incontrare la Ragazza Generale.”

Il cavaliere indicò il sole. “Il comando di Lady Malazza si è concluso con il sorgere del sole. Fate come vi dice Lord Gorzhak.”

“Attaccare le navi delle Piovre, dite? Quelle là fuori in acqua?” Il contabile aggrottò la fronte. “Non vedo come, per quanto mi riguarda, ma quando Ben il Marrone tornerà gli riferirò ciò che il vostro Gorzhak desidera.”

“Vi ho dato un ordine. Lo eseguirete subito.”

“Prendiamo ordini solo dal nostro capitano”, affermò Calamaio nel suo solito tono mite. “Non è qui. Ve l’ho detto.”

Il messaggero aveva perso la pazienza, Tyrion poteva vederlo. “La battaglia è ingaggiata. Il vostro comandante dovrebbe essere con voi.”

“Dovrebbe, ma non c’è. La ragazza l’ha convocato. Lui è andato.”

Il messaggero diventò viola. “Dovete eseguire l’ordine!”

Lesto sputò un bioccolo ben smozzicato di foglie amare dal lato sinistro della bocca. “Chiedo scusa”, disse all’ufficiale Yunkai, “Ma siamo tutti cavalieri qui, proprio come milord. Ora, un buon cavallo da battaglia addestrato caricherà una parete di lance. Alcuni salteranno un fossato infuocato. Ma non ho mai visto un solo cavallo capace di correre sull’acqua.”

“Le navi stanno sbarcando uomini”, gridò il nobilotto Yunkai. “Hanno bloccato l’imbocco dello Skahazadhan con un brulotto, e ad ogni istante che ve ne state qui a cianciare un altro centinaio di spade arriva sguazzando attraverso le secche. Radunate gli uomini e ributtateli in mare! Subito! Gorzhak ve lo ordina!”

“Chi è Gorzhak?” chiese Kem. “Il Coniglio?”

“Faccia di Budino”, disse Calamaio. “Il Coniglio non è così stupido da mandare la cavalleria leggera contro delle Navi Lunghe.”

Il cavaliere aveva sentito abbastanza. “Informerò Gorzhak zo Eraz che vi rifiutate di eseguire il suo ordine”, sbottò impettito. Poi girò il suo baio dorato e tornò al galoppo nella direzione dalla quale era venuto, inseguito da una bufera di risate mercenarie.

Calamaio fu il primo a lasciar spegnere il suo sorriso. “Basta”, disse, improvvisamente grave. “Tornate al lavoro. Sellate quei cavalli, voglio che ogni uomo sia pronto a montare in sella quando Ben tornerà qui con degli ordini decenti. E spegnete quel fuoco da campo. Potrete interrompere il digiuno quando il combattimento sarà terminato, se vivrete così a lungo.” Il suo sguardo cadde su Tyrion. “Che c’è da sghignazzare? Sembri un imbecille in quella corazza, Mezzuomo.”

“Meglio sembrare un imbecille che esserlo”, rispose il nano. “Siamo dalla parte dei perdenti.”

“Il Mezzuomo ha ragione”, disse Jorah Mormont. “Faremmo meglio a non lottare per gli schiavisti quando Daenerys tornerà… e lo farà, non fatevi illusioni. Colpite ora e colpite duro, e la regina non lo dimenticherà. Trovate i suoi ostaggi e liberateli. E io giurerò sull’onore del mio casato e sulla mia patria che questo era il piano di Ben il Marrone fin dall’inizio.”

Al largo delle acque della Baia degli Schiavisti, un’altra delle galee di Qarth avvampò in un improvviso crepitio di fiamme. Tyrion poteva sentire gli elefanti barrire a est. I bracci delle sei sorelle si alzavano e si abbassavano, gettando cadaveri. Scudo si scontrava contro scudo mentre due muri di lance convergevano sotto le mura di Meereen. I Draghi roteavano al di sopra di tutto, le loro ombre che spazzavano i volti girati all’insù di amici e nemici.

Calamaio alzò le mani. “Io tengo i libri. Custodisco il nostro oro. Stendo i nostri accordi, incasso i nostri salari, mi assicuro che abbiamo abbastanza soldi per pagarci i rifornimenti. Non decido per chi combattiamo o quando. Questo spetta a Ben il Marrone. Parlatene con lui al suo ritorno”.

Al momento in cui Plumm e i suoi compagni tornarono al galoppo dal campo della Ragazza Generale, il drago bianco era volato di nuovo nella sua tana sopra Meereen. Il verde s’aggirava ancora nei dintorni, librandosi in ampi cerchi sopra la città e la baia su grandi ali verdi.

Ben Plumm il Marrone portava piastra e maglia su cuoio bollito. Il mantello di seta che gli scivolava sulle spalle era la sua unica concessione alla vanità: s’increspava quando si muoveva, il colore che virava dal viola pallido al viola intenso. Smontò dalla sua cavalla e l’affidò a uno stalliere, poi disse a Lesto di convocare i suoi capitani.

“Di’ loro di sbrigarsi”, aggiunse Kasporio l’Astuto.

Tyrion non era neanche un sergente, ma le loro partite a cyvasse lo avevano reso di casa nella tenda di Ben il Marrone, e nessuno cercò di fermarlo quando entrò con tutti gli altri. Oltre a Kasporio e Calamaio, Uhlan e Bokkoko erano tra i convocati. Il nano si sorprese nel vedere Ser Jorah Mormont lì.

“Ci comandano di difendere la Sorella Malvagia,” li informò Ben il Marrone. Gli altri uomini si scambiarono occhiate inquiete. Nessuno sembrò voler parlare fino a quando Ser Jorah chiese, “Per ordine di chi?”

“La ragazza. Ser Nonno si sta dirigendo verso la Harridan, ma lei teme che sarà il prossimo a farsi un giro sulla Sorella Malvagia. La Fantasma è già caduta. I liberti di Marselen hanno fatto a pezzi le Lunghe Lance come un bastone marcio e li hanno trascinati via in catene. La ragazza immagina che Selmy voglia abbattere tutti i trabucchi.”

“È quello che avrei fatto al suo posto”, disse Ser Jorah. “Solo che l’avrei fatto prima.” “Perché la ragazza sta ancora dando ordini?” Calamaio sembrava sconcertato. “L’alba è giunta e passata. Non riesce a vedere il sole? Si comporta come se fosse ancora il comandante supremo.” “Se fossi lei e sapessi che Faccia di Budino sta per assumere il comando, continueresti a dar ordini anche tu”, disse Mormont.

“Uno vale l’altro,” insistette Kasporio.

“È vero,” disse Tyrion, “ma Malazza ha le tette più belle.”

“Le balestre sono il modo per difendere la Sorella Malvagia”, disse Calamaio. “Scorpioni, mangani. Questo è quel che serve. Non si usano uomini a cavallo per difendere una postazione fissa. La ragazza intende per caso farci smontare? Se è così, perché non usa i suoi lancieri o i frombolieri?”

Kem infilò la testa biondo chiaro all’interno della tenda. “Scusate il disturbo, miei Lord, ma è arrivato un altro messaggero. Dice di avere nuovi ordini dal comandante supremo.”

Ben il Marrone guardò Tyrion, poi scrollò le spalle. “Fallo entrare.”

“Qui?” chiese Kem, confuso.

“Qui è dove mi sembra d’essere”, rispose Plumm, con un’ombra d’irritazione. “Se andasse da qualche altra parte, non mi troverebbe.”

Kem uscì. Quando tornò, tenne alto il lembo della tenda a far entrare un nobile Yunkai con un mantello di seta gialla e calzoni in tinta. Gli untuosi capelli neri dell’uomo erano stati torturati, attorti e laccati per far sembrare che un centinaio di piccole rose gli spuntassero dalla testa. Sul suo pettorale c’era una scena di tale deliziosa depravazione che Tyrion lo percepì come uno spirito affine.

“Gli Immacolati stanno avanzando verso la Figlia dell’Arpia”, annunciò il messaggero. “Barba Insanguinata e due legioni di Ghis li stanno affrontando. Mentre tengono la linea, dovete aggirare gli eunuchi e prenderli alle spalle, senza risparmiarne nessuno. Questo per ordine del nobile e possente Morghar zo Zherzyn, comandante supremo degli Yunkai. “

“Morghar?” Kasporio aggrottò la fronte. “No, gli ordini li dà Gorzhak, oggi.”

“Gorzhak zo Eraz giace ucciso, abbattuto a tradimento dai Pentoshi. Il voltagabbana che si fa chiamare Principe Straccione morirà urlando per questa infamia, ha giurato il nobile Morghar”. Ben il Marrone si grattò la barba. “La Compagnia del Vento ha cambiato sponda, eh?” disse, con un tono di tiepido interesse.

Tyrion ridacchiò. “E abbiamo scambiato Faccia di Budino con il Conquistatore Ubriaco. È un miracolo che sia stato in grado di staccarsi dal boccale abbastanza a lungo da dare un ordine quasi sensato.”

L’uomo Yunkai fissò il nano. “Frena la lingua, piccolo disgustoso-” la sua risposta si troncò. “Questo nano insolente è uno schiavo fuggitivo”, dichiarò, scioccato. “È di proprietà del nobile Yezzan zo Qaggaz, di venerata memoria”.

“Ti sbagli. Lui è un mio fratello d’armi. Un uomo libero, e un Secondo Figlio. Gli schiavi di Yezzan indossano collari d’oro.” Ben il Marrone esibì il suo sorriso più amabile. “Collari d’oro, con campanelle. Sentite forse delle campanelle? Io non ne sento.”

“I collari possono esser rimossi. Chiedo che il nano sia subito consegnato per essere punito.” “La vedo dura. Jorah, che ne pensi?”

“Questo.” la spada lunga di Mormont era nella sua mano. Non appena il cavaliere si girò, Ser Jorah gliela conficcò nella gola. La punta uscì dalla parte posteriore del collo dello Yunkai, rossa e bagnata. Il sangue gli gorgogliò dalle labbra e giù per il mento. L’uomo mosse due passi traballanti e cadde sulla tavola del cyvasse, sparpagliando ovunque gli eserciti di legno. Si contorse un paio di volte, stringendo la lama della spada di Mormont con una mano mentre l’altra afferrava debolmente il tavolo rovesciato. Solo allora lo Yunkai parve rendersi conto d’esser morto. Giacque a faccia in giù sul tappeto in una ridda di sangue rosso e oleose rose nere. Ser Jorah liberò la spada dal collo del morto con uno strattone. Il sangue scolò giù dalle sue scanalature.

Il drago bianco del cyvasse era finito ai piedi di Tyrion. Lo raccolse dal tappeto e lo asciugò con la manica, ma un po’ del sangue dello Yunkai era penetrato nei fini intagli della scultura, così che il legno chiaro pareva venato di rosso. “Tutti acclamino la nostra amata regina, Daenerys.” Che sia viva o morta. Gettò il drago sanguinante in aria, lo riprese, sorrise. “Siamo sempre stati uomini della regina”, annunciò Ben Plumm il Marrone. “Unirci agli Yunkai è stato solo uno stratagemma”.

“E che ingegnoso stratagemma è stato.” Tyrion diede al morto uno spintone con lo stivale. “Se quel pettorale mi va bene, lo voglio”.

***

Disclaimer: To be published by Bantam Books; Copyright © 2014 by George R.R. Martin. All rights reserved. This is a fan-made translation: no copyright infringement intended.
Chapter read at Worldcon 2013 and released in March 2014.

Fonte: A World of Ice and Fire

Traduzione: Elena Zorzi
Editing: Aranel/Mariacristina M.

 

Aranel

Graphic & Concept Designer, Illustrator and Cartoonist. But most of all, Art Lover. Daughter of the North. Nerd, and proud.

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