The Winds of Winter – BARRISTAN I

TWOW7

Nell’oscurità della notte i morti volavano, piovendo dall’alto nelle strade della città. I cadaveri più marci sarebbero andati a pezzi in aria, per poi esplodere fracassandosi sui mattoni, spargendo vermi e larve e cose peggiori. Altri sarebbero rimbalzati contro le pareti delle piramidi e delle torri, lasciando macchie di sangue e viscere a segnare i punti che avevano colpito.

Imponenti com’erano, i trabucchi Yunkai non avevano abbastanza gittata per lanciare i loro macabri proiettili nel cuore della città. La maggior parte dei morti atterrava appena dentro le mura, o sbatteva contro i barbacani esterni, i parapetti e le torri difensive. Con le sei sorelle schierate in una rozza mezzaluna attorno a Meereen, ogni parte della città veniva colpita, salvo forse i distretti a nord del fiume. Nessun trabucco avrebbe mai potuto lanciare oltre la vastità dello Skahazadhan.

Una ben scarsa misericordia, questa, pensò Barristan Selmy, mentre cavalcava nella piazza del mercato all’interno della grande porta occidentale di Meereen. Quando Daenerys aveva preso la città, avevano sfondato quella stessa porta con l’enorme ariete chiamato Cazzo di Joso, realizzato con l’albero di una nave. I Grandi Padroni e i loro soldati schiavi s’erano scontrati contro gli attaccanti proprio lì, e i combattimenti avevano imperversato per le vie lì intorno per ore. Con il tempo la città era caduta, centinaia di morti e morenti avevano disseminato la piazza.

Ora, ancora una volta il mercato era una scena di carneficina, anche se questi morti erano arrivati in sella alla giumenta pallida. Di giorno le strade di mattoni di Meereen mostravano una cinquantina di sfumature, ma la notte li trasformava in trapunte di bianco, nero e grigio. La luce delle torce scintillava nelle pozzanghere lasciate dalle recenti piogge, e dipingeva linee di fuoco sugli elmi, gli schinieri e le corazze degli uomini.

Ser Barristan Selmy cavalcò lentamente oltre di essi. Il vecchio cavaliere portava la corazza che gli aveva donato la sua regina, un’armatura di acciaio bianco smaltato, intarsiata e cesellata d’oro. Il mantello che gli fluttuava sulle spalle era bianco come la neve d’inverno, così come lo scudo appeso alla sua sella. Sotto di lui c’era il destriero personale della regina, la cavalla d’argento che Khal Drogo le aveva donato il giorno delle loro nozze. Era presuntuoso, lo sapeva, ma se Daenerys in persona non poteva essere con loro nel momento del pericolo, Ser Barristan sperava che la vista della sua argentata nella mischia potesse infondere coraggio ai suoi guerrieri, ricordando loro per chi e cosa combattevano. Inoltre, l’argentata era stata anni in compagnia di draghi della regina, e si era abituata alla loro vista e al loro odore. Altrettanto non poteva dirsi dei cavalli dei nemici.

Con lui cavalcavano tre dei suoi ragazzi. Tumco Lho portava la bandiera col drago a tre teste della Casa Targaryen, rosso su fondo nero. Larraq  la Frusta portava lo stendardo bianco biforcuto della Guardia Reale: sette spade d’argento che circondano una corona d’oro. Ad Agnello Rosso Selmy aveva dato un grande Corno da Guerra fasciato in argento, per segnalare i comandi sul campo di battaglia. Gli altri suoi ragazzi erano rimasti alla Grande Piramide. Avrebbero combattuto un altro giorno, o per niente. Non ogni scudiero era destinato a diventare un cavaliere. Era l’ora del lupo. La più lunga, l’ora più buia della notte. Per molti degli uomini che erano riuniti nella piazza del mercato, sarebbe stata l’ultima notte della loro vita.

Sotto l’imponente facciata in mattoni dell’antico mercato degli schiavi di Meereen, cinquemila Immacolati erano allineati in dieci lunghe linee. Rimanevano immobili come se fossero stati scolpiti nella pietra, ognuno con le sue tre lance, la spada corta e lo scudo. La luce delle fiaccole faceva balenare le punte dei loro elmi di bronzo, e bagnava le facce dalle guance lisce sotto di essi. Quando un corpo cadde avvitandosi verso il basso in mezzo a loro, gli eunuchi semplicemente si fecero da parte, muovendosi di tanti passi quanti erano necessari, quindi chiusero di nuovo i ranghi. Erano tutti a piedi, anche i loro ufficiali: Verme Grigio per primo, distinto dalle tre punte sul suo elmo.

I Corvi della Tempesta erano radunati sotto il porticato dei mercanti che fronteggiava il lato sud della piazza, dove gli archi davano loro un certo riparo dai morti. Gli arcieri di Jokin stavano incoccando le corde dei loro archi quando Ser Barristan passò di lì. Il Vedovo sedeva scuro in volto in sella a uno scarno cavallo grigio, con lo scudo sul braccio e la sua ascia puntuta in mano. Un ventaglio di piume nere germogliava da una tempia del suo mezzo elmo di ferro. Il ragazzo accanto a lui stringeva la bandiera della compagnia: una decina di cenciose strisce nere su una lunga asta, sormontato da un corvo in legno intagliato.

Anche i Signori dei Cavalli erano venuti. Aggo e Rakharo avevano portato la maggior parte del piccolo khalasar della regina attraverso il Skahazadhan, ma il vecchio jaqqa mezzo paralizzato Rhan Rommo aveva radunato una ventina di cavalieri tra coloro che erano rimasti. Alcuni erano vecchi come lui, molti segnati da qualche vecchia ferita o deformità. Il resto erano ragazzi imberbi, giovinetti a caccia della loro prima campanella e del diritto d’intrecciarsi i capelli. Andavano qua e là nei pressi della statua di bronzo solcata dalle intemperie del Fabbricante di Catene, ansiosi di uscire, facendo danzar di lato i loro cavalli ogni volta che un cadavere cadeva avvitandosi dall’alto.

Non lontano da loro, presso il monumento spettrale che i Grandi Padroni chiamavano Spira di Teschi, erano riunite diverse centinaia di combattenti delle fosse. Selmy vide il Gatto Maculato in mezzo a loro. Accanto a lui c’era Ithoke l’Impavido, e più avanti Senaera la Donna-serpente, Camarro del Conteggio, il Macellaio Striato, Togosh, Marrigo, Orlos il Catamita. Anche Goghor il Gigante era lì, e sovrastava gli altri come un uomo in mezzo a dei ragazzini. La libertà significa qualcosa per loro malgrado tutto, sembrerebbe. I combattenti delle fosse provavano più affetto per Hizdahr di quanto ne avessero mai mostrato a Daenerys, ma Selmy era contento di averli tutti lì lo stesso. Alcuni indossavano addirittura un’armatura, notò. Forse la sua vittoria su Khrazz aveva insegnato loro qualcosa.

In alto, i merli della garitta erano affollati di uomini in mantelli pezzati e maschere di bronzo: il Testarasata aveva inviato le sue Belve d’Ottone sulle mura della città, per permettere agli Immacolati di scendere in campo. Qualora la battaglia fosse stata persa, sarebbe toccato a Skahaz e ai suoi uomini difendere Meereen contro gli Yunkai… fino al momento in cui la regina Daenerys non fosse tornata.

Se mai lo farà davvero.

Dall’altra parte della città, presso gli altri cancelli, si erano riunite altre forze. Tal Toraq e i suoi Scidi Coraggiosi erano riuniti presso la porta orientale, a volte chiamato il cancello della collina o il cancello Khyzai, dal momento che i viaggiatori diretti a Lhazar attraverso il Passo Khyzai partivano sempre da lì. Marselen e gli Uomini della Madre erano ammassati presso la porta sud, il Cancello Giallo. Ai Fratelli Liberi e a Symon Schiena Striata era toccato in sorte il cancello a nord, di fronte al fiume. Era il varco più facile, senza alcun nemico di fronte, a parte un paio di navi. Gli Yunkai avevano schierato due legioni di Ghiscardiani a nord, ma erano accampati dall’altra parte del Skahazadhan, con tutta la vastità del fiume fra loro e le mura di Meereen.

Il campo principale Yunkai si trovava a ovest, tra le mura di Mereen e le calde acque verdi della Baia degli Schiavisti. Due dei trabucchi si innalzavano lì, uno accanto al fiume, il secondo al lato opposto dei cancelli principali di Meereen, difeso da due dozzine di Saggi Padroni Yunkai, ognuno con i propri soldati schiavi. Tra le grandi macchine da guerra sorgevano gli accampamenti fortificati di due legioni di Ghis. La Compagnia del Gatto era accampata tra la città e il mare. Il nemico disponeva anche di frombolieri di Tolos, e da qualche parte la fuori nella notte c’erano trecento balestrieri Elyriani.

Troppi nemici, rimuginò Ser Barristan. I numeri ci sono senz’altro sfavorevoli. Quell’attacco andava contro tutti gli istinti del vecchio cavaliere. Le mura di Meereen erano spesse e forti. Dentro quelle mura, i difensori godevano di ogni vantaggio. Eppure non aveva altra scelta che condurre i suoi uomini fra le zanne delle linee d’assedio Yunkai, contro nemici di gran lunga più forti.

Il Toro Bianco l’avrebbe definita una follia. Avrebbe anche messo in guardia Barristan dal fidarsi troppo dei mercenari. Siamo arrivati a questo punto, mia regina, pensò Ser Barristan. I nostri destini dipendono dall’avidità di un mercenario… il Principe Straccione ci tiene tutti nelle sue mani insanguinate .

Anche se la loro migliore speranza si era rivelata una vana speranza, Selmy sapeva che non aveva altra scelta. Avrebbe potuto tenere Meereen per anni contro gli Yunkai, ma non sarebbe riuscito a tenerla nemmeno per una luna con la giumenta pallida al galoppo per le sue strade.

Il silenzio cadde sulla piazza del mercato mentre il vecchio cavaliere e i suoi portastendardi cavalcavano verso il corpo di guardia. Selmy poteva sentire il mormorio di innumerevoli voci, il rumore dei cavalli che soffiavano, nitrivano e raschiavano gli zoccoli ferrati sopra i mattoni in rovina, il debole sferragliare di spade e scudi. Tutto sembrava ovattato e lontano. Non era silenzio, solo calma, l’inspirare che viene prima del grido. Le torce fumavano e crepitavano, riempiendo l’oscurità di una traballante luce arancione.

A migliaia si voltarono come un sol uomo per guardare il vecchio cavaliere mentre girava il cavallo all’ombra dei grandi cancelli rivestiti di ferro. Barristan Selmy poteva sentire i loro occhi su di lui. I capitani e i comandanti si fecero avanti per incontrarlo. Jokin e il Vedovo per i Corvi della Tempesta, le maglie ad anelli che tintinnavano sotto i mantelli sbiaditi; Verme Grigio, Lancia Fedele e Ammazzacani per gli Immacolati, con elmi di bronzo appuntiti e armature imbottite; Rommo per i Dothraki; Camarron, Goghor, e il Gatto Maculato per i combattenti delle fosse.

“Conoscete il nostro piano di attacco”, disse il cavaliere bianco quando i capitani furono riuniti attorno a lui. “Li colpiremo subito con la nostra cavalleria, non appena il cancello sarà aperto. Cavalcate compatti e veloci, dritti contro i soldati schiavi. Quando le legioni si compatteranno, accerchiatele. Prendeteli alle spalle o sui fianchi, ma evitate le loro lance. Ricordate i vostri obiettivi.”

“Il trabucco”, disse il Vedovo. “Quello che gli Yunkai chiamano Harridan. Catturarlo, rovesciarlo o bruciarlo. “

Jokin annuì. “Prendere più nobili che possiamo. E bruciare le loro tende, quelle grandi, i padiglioni.”

“Uccidere molti uomini”, disse Rommo. “Non prendere schiavi.”

Ser Barristan si girò sulla sella. “Gatto, Goghor, Camarron, i vostri uomini seguiranno a piedi. Siete conosciuti come combattenti temibili. Spaventateli. Urlate e strepitate. Quando avrete raggiunto le linee Yunkiai, i nostri cavalieri dovrebbero aver sfondato. Seguiteli attraverso la breccia, e massacrate più che potete. Dove è possibile, risparmiate gli schiavi e abbattete i loro padroni, i nobili e gli ufficiali. Ripiegate prima che vi circondino.”

Goghor abbatté un pugno contro il petto. “Goghor non ripiega. Mai.”

E allora Goghor muore, pensò il vecchio cavaliere, presto. Ma quello non era il momento né il luogo per una discussione del genere. Lasciò perdere, e disse: “Questi attacchi dovrebbero distrarre gli Yunkai abbastanza a lungo” con alti e bassi, lo sapeva. Se i comandanti Yunkai avevano un minimo di buonsenso, avrebbero mandato la loro cavalleria giù a caricare gli eunuchi prima che potessero formare i ranghi, quando erano più vulnerabili. La sua cavalleria avrebbe dovuto impedirlo abbastanza a lungo perché gli Immacolati serrassero gli scudi e innalzassero il loro muro di lance. “Al suono del mio corno, Verme Grigio avanzerà in linea e incalzerà gli schiavisti e i loro soldati. Potrà accadere che una o più legioni di Ghis marcerà contro di loro, scudo contro scudo e lancia a lancia. Quella battaglia la vinceremo sicuramente.”

“Questo soldato ha sentito”, disse Verme Grigio. “Sarà come dici tu.”

“Prestate orecchio al mio corno,” disse loro Ser Barristan. “Se sentite la ritirata, ripiegate. Le nostre mura sono dietro di noi, gremite di Belve d’Ottone. I nostri nemici non oseranno avvicinarsi troppo, o si troveranno nel raggio di tiro delle balestre. Se sentite il corno suonare l’assalto, avanzate tutti insieme. Fate conto che il mio stendardo sia quello della regina.” Indicò gli stendardi nelle mani di Tumco Lho e Larraq.

Il cavallo del Vedovo si avvicinò alla sua sinistra. “E se il corno tace, ser cavaliere? Se tu e questi tuoi ragazzini imberbi foste abbattuti?”

Era una domanda legittima. Ser Barristan desiderava essere il primo ad attraversare le linee Yunkai. Avrebbe potuto essere il primo a morire. Spesso succedeva proprio così. “Se cado, il comando è tuo. Dopo di te, Jokin. Poi Verme Grigio “. Nel caso in cui tutti noi fossimo uccisi, la battaglia sarà persa, avrebbe potuto aggiungere, ma tutti lo sapevano già, senza dubbio, e nessuno di loro avrebbe voluto sentirlo dire ad alta voce. Mai parlare di sconfitta prima di una battaglia, gli aveva detto una volta il Lord Comandante Hightower, quando il mondo era giovane, perché gli dei potrebbero essere in ascolto.

“E se troviamo il capitano? ” Chiese il Vedovo.

Daario Naharis. “Dategli una spada e seguitelo.” Sebbene Barristan Selmy provasse poco affetto e meno ancor fiducia per l’amante della regina, non dubitava del suo coraggio, né della sua abilità con le armi. E se dovesse morire eroicamente in battaglia, tanto meglio. “Se non ci sono altre domande, tornate dai vostri uomini e innalzate una preghiera a qualunque Dio in cui credete. L’alba sarà presto su di noi.”

“Un’alba rossa”, disse Jokin dei Corvi della Tempesta.

Un’alba di draghi, pensò Ser Barristan.

Lui aveva già detto le sue preghiere prima, mentre i suoi scudieri lo aiutavano a indossare la sua armatura. I suoi dèi erano lontani oltre il mare a Westeros, ma se i septon dicevano il vero, i Sette vegliavano sui loro figli ovunque essi vagassero. Ser Barristan aveva detto una preghiera alla Vecchia, pregandola di concedergli un po’ della sua saggezza, così che potesse portare i suoi uomini alla vittoria. Dal suo vecchio amico, il Guerriero, aveva implorato la forza. Aveva chiesto alla Madre la sua misericordia, nel caso fosse caduto. Aveva supplicato il Padre di vegliare sui suoi ragazzi, quegli scudieri semi-addestrati che erano quanto di più vicino a dei figli avrebbe mai conosciuto. Alla fine aveva chinato la testa allo Sconosciuto. “Tu vieni per tutti gli uomini, alla fine,” aveva pregato, “ma se vuoi, risparmia me e i miei, oggi, e mieti gli spiriti dei nostri nemici, invece.”

Al di là delle mura della città, si poteva sentire il tonfo lontano di un trabucco che lanciava. Uomini morti e parti di corpi caddero avvitandosi nella notte. Uno si schiantò tra i combattenti delle fosse, innaffiandoli con pezzi di ossa, cervello e carne. Un altro rimbalzò sulla testa di bronzo segnata dalle intemperie del Fabbricante di Catene e rotolò lungo il suo braccio per atterrare con un tonfo bagnato ai suoi piedi. Una gamba gonfia si frammentò in una pozzanghera a meno di tre iarde da dove Selmy era seduto in attesa sul cavallo della sua regina.

“La giumenta pallida,” mormorò Tumco Lho. Aveva la voce impastata, gli occhi scuri lucidi nella sua faccia nera. Poi disse qualcosa nella lingua delle Isole del Basilisco che avrebbe potuto essere una preghiera.

Teme la giumenta pallida più di quanto non tema i nostri nemici, capì Ser Barristan. Anche gli altri suoi altri ragazzi erano spaventati. Per quanto fossero coraggiosi, nessuno di loro aveva ancora avuto il battesimo del sangue.

Fece girare la sua cavalla d’argento. “Radunatevi intorno a me,  uomini.” Quando ebbero avvicinato i loro cavalli, disse, “So cosa provate. Mi sono sentito così anch’io, centinaia di volte. Il tuo respiro è più veloce di quanto dovrebbe. Nella tua pancia un nodo di paura si aggroviglia come un freddo verme nero. Ti senti come se dovessi svuotare la vescica, come se le budella si muovessero. La tua bocca è secca come le sabbie di Dorne. Che succederebbe se ti coprissi di disonore là fuori, ti chiedi? Che succederebbe se ti dimenticassi tutto il tuo allenamento? Agogni a essere un eroe, ma nella parte più profonda di te temi di essere un vile”.

“Ogni ragazzo si sente allo stesso modo alla vigilia della battaglia. Aye, e persino uomini adulti. Quei Corvi della Tempesta laggiù provano le stesse cose. Così pure i Dothraki. Non c’è vergogna nella paura, a meno che non lasci che ti domini. Tutti assaggiamo il terrore nelle nostre vite. “

“Io non ho paura.” La voce di Agnello Rosso era alta, quasi un urlo. “Se dovessi morire, andrò al cospetto del Grande Pastore delle Lhazar, spezzerò il suo bastone sul mio ginocchio, e gli dirò: ‘Perché hai reso il tuo popolo degli agnelli, quando il mondo è pieno di lupi?’ Poi gli sputerò in un occhio “.

Ser Barristan sorrise. “Ben detto… ma sta’ attento a non cercare la morte là fuori, o la troverai di sicuro. Lo Sconosciuto viene per tutti noi, ma non c’è bisogno di correre tra le sue braccia”.

“Qualunque cosa possa capitare sul campo di battaglia, ricorda, è già successo prima, e a uomini migliori. Io sono un vecchio, un vecchio cavaliere, e ho visto più battaglie di quanti anni abbia la maggior parte di voi. Niente è più terribile su questa terra, niente più glorioso, niente più assurdo. Potresti vomitare. Non saresti il primo. Potresti far cadere la spada, lo scudo, la lancia. Altri hanno fatto la stessa cosa. Raccoglili e va’ a combattere. Ti potresti cagare nelle brache. Io l’ho fatto, nella mia prima battaglia. A nessuno importerà. Tutti i campi di battaglia puzzano di merda. Potrai invocare tua madre, pregare dèi che pensavi d’aver dimenticato, ululare oscenità che non ti saresti mai sognato potessero passare per le tue labbra. Anche tutto questo è già successo.

“Alcuni uomini muoiono a ogni battaglia. Di più sopravvivono. A Est o a Ovest, in ogni locanda e bettola, troverete barbe grigie che tornano a combattere all’infinito le guerre della loro giovinezza. Sono sopravvissuti alle loro battaglie. Possiate farlo anche voi. Di una cosa potete essere certi: il nemico che vedete davanti a voi è solo un altro uomo, e probabilmente spaventato quanto voi. Odiatelo se dovete, amatelo se potete, ma alzate la spada e calatela giù, poi cavalcate oltre. Soprattutto, continuate a muovervi. Siamo troppo pochi per vincere la battaglia. Cavalchiamo per creare confusione, per far guadagnare agli Immacolati il tempo sufficiente a innalzare il loro muro di lance, noi- “

“Ser?” Larraq indicò con lo stendardo della Guardia Reale, mentre un mormorio senza parole saliva da un migliaio di paia di labbra.

Lontano oltre la città, dove i gradini ombrosi della Grande Piramide di Meereen si stagliavano per ottocento piedi in un cielo senza stelle, un fuoco divampava dove un tempo sorgeva l’arpia. Una scintilla gialla al vertice della piramide sfolgorò e scomparve, e per metà di un battito del cuore, Ser Barristan temette che il vento lo avesse spento. Poi tornò, più luminoso, più feroce, le fiamme che vorticavano, ora gialle, ora rosse, ora arancioni, che salivano in alto, graffiando il buio.

Lontano ad est, l’alba stava spuntando dietro le colline. Altre mille voci, ora stavano proprompendo in esclamazioni. Altri mille uomini stavano guardando, indicando, indossando i loro elmi, impugnando le loro spade e le loro asce. Ser Barristan udì il rumore delle catene. Era la grata che si sollevava. Subito dopo sarebbe venuto il gemito degli enormi cardini di ferro del cancello. Era ora.

Agnello Rosso gli consegnò l’elmo alato. Barristan Selmy lo fece scivolare sulla la sua testa, fissò la gorgiera, sollevò il suo scudo, infilò un braccio dentro le cinghie. L’aria aveva un sapore stranamente dolce. Non c’era nulla che potesse far sentir vivo un uomo come la prospettiva della morte. “Il Guerriero ci protegga tutti”, disse ai suoi ragazzi. “Suonate l’attacco.”

 

***

To be published by Bantam Books; Copyright © 2013 by George R.R. Martin. All rights reserved. This is a fan-made translation: no copyright infringement intended.

Fonte: AngryGotFan

Capitolo incluso nell’edizione americana 2013 di “A Dance with Dragons” e letto alla Boskone 2013 insieme ad un estratto di un secondo capitolo riguardante sempre Barristan.
Traduzione e revisione: Elena Zorzi
Editing: Aranel/Mariacristina M.

Aranel

Graphic & Concept Designer, Illustrator and Cartoonist. But most of all, Art Lover. Daughter of the North. Nerd, and proud.

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