George R.R. Martin: “Avrei voluto Lady Stoneheart nello show”

George R. R. Martin ha rilasciato una lunga e rara intervista a TIME, in occasione dell’articolo di copertina su Game of Thrones. Ecco qui la versione intera.

Scrivere è ancora un’improvvisazione? Anche se ha già in mente un finale, continua a scoprire cose nuove sul mondo di Westeros?

Sì. Non è solo per Westeros o Game of Thrones. È solo il modo in cui lavoro e in cui ho sempre lavorato.

In ognuno dei miei romanzi, so da dove partire e so dove voglio finire, più o meno. Conosco già alcuni dei punti di svolta, alcuni eventi che si verificheranno, ma lungo la strada si scoprono un sacco di cose. I personaggi evolvono e diventano più importanti, poi arrivi a quello che pensavi sarebbe stato un grande punto di svolta e… quello che avevi immaginato due anni prima non funziona più così bene, e poi ti viene un’idea migliore! Per me ci sono sempre questo tipo di scoperte. So che non tutti gli scrittori lavorano così, ma io l’ho sempre fatto.

È la serie TV Game of Thrones a contribuire alla nascita di queste nuove idee? Cerca di rendere più complesso o di allontanarsi da quello che c’è in TV, o magari cerca di approfondire alcuni personaggi che nello show non sono così presenti?

Non è mia intenzione. Lo show è lo show e a questo punto ha sviluppato una vita propria. Sono coinvolto nello show, naturalmente, sin dall’inizio, ma la mia concentrazione sono i libri. Bisogna ricordare che ho iniziato a scrivere questa storinel 1991 e ho incontrato David e Dan nel 2007. Ho vissuto con questi personaggi e con questo mondo per 16 anni prima che iniziassimo a lavorare sullo show. Sono ben stabili nella mia mente e non cambierò nulla per lo show, o per i commenti allo show, o per ciò che pensano i fan. Semplicemente continuerò a scrivere la storia che ho cominciato negli anni ’90.

Oltre alla Guerra delle Due Rose, a quali altri eventi reali si ispirano i libri?

Ho letto molta storia, molta narrativa storica, molto fantasy. C’è un certo tipo di dialogo che si instaura fra le diverse generazioni di scrittori, in particolare quelli di fantascienza e di fantasy, perché facciamo parte di questa sottocultura. Quando leggo le opere fantasy di altri autori, soprattutto di Tolkien e di alcuni dei suoi seguaci, nella mia testa vorrei rispondergli: “Sì, è buono, ma io avrei fatto diversamente”, oppure “No, penso che tu abbia sbagliato”.

Non sto criticando Tolkien – non voglio essere visto come un detrattore. La gente vuole sempre creare questo conflitto fra me e Tolkien, che trovo molto frustrante dato che io lo venero, è il padre del fantasy moderno, e il mio mondo non esisterebbe mai se lui non fosse venuto prima! Comunque, io non sono Tolkien, e faccio le cose in modo diverso, anche se credo che Il Signore degli Anelli sia uno dei grandi libri del XIX secolo. Ma c’è questo dialogo continuo fra me e Tolkien, e fra me e gli altri seguaci di Tolkien.

Quando ha cominciato a scrivere questa saga, il presidente era George H. W. Bush. Da allora le cose sono cambiate molto. Ci sono stati dei momenti in cui si è fatto influenzare dalla politica contemporanea oppure in cui ha fatto dei commenti?

Penso probabilmente di sì, fino a un certo punto. Non era la mia intenzione quando ho cominciato. Come Tolkien, che detestava che la gente pensasse che avesse scritto un’allegoria, e si irritava quando suggerivano che Il Signore degli Anelli fosse basato sulla Seconda guerra mondiale, o anche sulla Prima guerra mondiale, nella quale ha combattuto. Nemmeno io sto scrivendo un’allegoria, ma vivo nel mio tempo, ed è inevitabile che finisca per influenzarmi. Ma durante la scrittura di questi libri, probabilmente ero molto più immerso nella politica del Medioevo, delle Crociate, della Guerra delle Due Rose e della Guerra dei Cent’Anni.

I suoi personaggi femminili si distinguono per la loro forza e la loro complessità, ma il modo in cui i personaggi maschili le trattano, spesso rendendole vittime di violenza sessuale, ha causato del risentimento nel corso degli anni. Questa reazione l’ha sorpresa?

In realtà sì. E non sono d’accordo con alcune delle critiche. Non credo che quello che dicono sia tutto vero o giusto. So che tutti hanno diritto a un’opinione, ma… pazienza. In sostanza, io sto scrivendo la storia di una guerra – la Guerra delle Due Rose. La Guerra dei Cent’Anni. La parola “guerra” fa parte di tutto ciò a cui mi sono ispirato. E quando ho letto i libri di storia, lo stupro era parte di tutte queste guerre. Non c’è mai stata una guerra senza degli stupri, e parlo anche delle guerre di oggi. Secondo me scrivere una storia di guerra e non parlare di queste cose sarebbe incredibilmente disonesto.

In un certo senso, tutto questo è anche molto intrecciato, tragicamente e sfortunatamente, con la storia dei personaggi. Daenerys non sarebbe mai diventata ciò che è ora se non fosse stata venduta come sposa bambina, come schiava, a tutti gli effetti.

E dovrei sottolineare, e probabilmente chi ha letto i libri e guardato lo show lo sa, che la prima notte di nozze di Daenerys è molto diversa da come è descritta nei libri. In effetti, nel pilot originale l’attrice che interpretava Daenerys era diversa, e quello che abbiamo girato la prima volta con Tamzin Merchant era molto più simile ai libri. Era la scena così come è scritta nel libro. Poi è stato cambiato nel nuovo pilot. Dovreste chiedere a David e Dan.

Il fatto di non poter muovere i personaggi liberamente è un bel vincolo, dato che ora i fan ci sono molto affezionati.

Voglio che ai lettori importi dei miei personaggi – se non è così, allora non c’è alcun coinvolgimento emotivo. Ma allo stesso tempo, voglio che i miei personaggi siano sfaccettati, ambigui, che siano degli esseri umani. Penso che tutti gli esseri umani abbiano delle sfaccettature. C’è questa tendenza a idealizzare le persone come eroi o come cattivi. E io credo che nella vita ci siano degli eroi e ci siano dei cattivi. Ma anche i grandi eroi hanno dei difetti e fanno cose brutte, e anche i peggiori cattivi sono capaci di amare e soffrire, e a volte ci sono occasioni in cui si può provare compassione per loro. Per quanto io ami la fantascienza e le storie fantastiche, ci si deve sempre rivolgere alla vita reale e chiedersi: Com’è la realtà?

Autorizzare questo adattamento deve essere stato un grande passo, sapendo che non sarebbe mai stato esattamente come i romanzi.

Sicuramente c’era del rischio. Praticamente a partire da metà degli anni ’80 fino a metà degli anni ’90, ho lavorato in televisione. Ogni volta che consegnavo la prima bozza di un copione, la reazione era sempre “George, ci piace tantissimo, ma è cinque volte il nostro budget, quindi… Puoi tagliare qualcosa? Non possiamo permetterci gli effetti speciali per quello che hai scritto, e quell’enorme battaglia con 20mila soldati, falla diventare un duello fra l’eroe e il cattivo”, e io tornavo a lavorarci e facevo tutte le modifiche, perché era il mio lavoro. Ma ho sempre preferito le mie prime bozze, anche se non erano perfette – i veri contenuti erano lì.

E quando finalmente ho lasciato la televisione e a metà degli anni ’90 ho iniziato con la prosa, mi sono detto, non mi importa più niente, scriverò tutto quello che la mia fantasia mi suggerisce, con tutti i personaggi che voglio, castelli enormi, draghi, metalupi, centinaia di anni di storia e una trama complessa, e andrà bene perché sarà un libro. Non si deve adattare. Poi invece, ironicamente, è successo. Ma quando il libro è entrato nella classifica dei best-seller, e i film del Signore degli Anelli di Peter Jackson hanno cominciato a uscire, ho immediatamente ricevuto attenzioni da Hollywood. Ho avuto diversi incontri prima di conoscere David e Dan, con delle persone che mi dicevano che sarebbe stato il nuovo Signore degli Anelli. Ma non riuscivano a gestire la grande quantità di materiale, che invece era precisamente ciò che io volevo. In ogni incontro mi dicevano: “Ci sono troppi personaggi, la storia è troppo complessa – Jon Snow è il personaggio principale. Elimineremo tutti gli altri personaggi e concentreremo tutto su Jon Snow”. Oppure “Daenerys è la protagonista. Elimineremo tutti gli altri e faremo un film su Daenerys”. E ho rifiutato tutte quelle offerte.

Quindi ho cominciato a pensarci, e mi sono detto: “Non so ancora se potrà essere adattato. È troppo complesso. Ma se lo faremo, non potrà essere un semplice film”. È troppo complesso, e si facesse in forma cinematografica, dovrebbero essere dieci film. Tutti dicevano: “Oh, faremo un film, e se avrà successo, ne faremo altri”. Beh, non sempre funziona, come saprà chi conosce Queste oscure materie di Philip Pullman [una trilogia che è stata adattata in un film nel 2007, La bussola d’oro, che però non ha mai avuto un seguito]. Se il primo non ha successo, il resto della storia non si farà mai. La televisione può fare di più. Ma non si può fare sulla televisione di stato, perché c’è troppo sesso, troppa violenza, è troppo complesso. Non è facile farsi piacere questi personaggi. Non puoi metterci un incesto.

Ho deciso che l’unico modo per farlo era con HBO, o con un network simile – Showtime, Starz, o altri canali a pagamento – come una serie, con un libro per stagione. Era il modo migliore. E quando il mio agente ha organizzato il pranzo con David e Dan, loro all’epoca erano perlopiù sceneggiatori di film, e avevano iniziato i libri con in mente dei film. Ma quando li hanno letti sono giunti alla stessa conclusione: non si può fare un film. Quindi quando abbiamo avuto quel famoso pranzo che poi è diventato una cena, perché siamo stati insieme per quattro o cinque ore, mi sono piaciuti molto e siamo andati d’accordo fin dall’inizio. Le cose avrebbero potuto cambiare nel tempo, a volte alcune persone vengono licenziate e vengono sostituite, quindi per me era come una scommessa. E fortunatamente, abbiamo vinto.

Come è cambiato il suo coinvolgimento nello show?

Nello show sono un produttore esecutivo; David e Dan sono gli showrunners. Sin dal primo momento, abbiamo saputo che loro avrebbero fatto il grosso del lavoro, ma io volevo comunque essere coinvolto. Inizialmente, ero coinvolto nei casting – non ero presente fisicamente – ero qui a Santa Fe. Ma grazie ai prodigi di internet, potevo vedere le audizioni di tutti gli attori, scrivere lunghe lettere e discutere quali attori mi piacevano e quali no via telefono. E nelle prime stagioni, scrivevo un episodio per ciascuna. Avrei fatto di più volentieri, ma non c’era tempo. Devo ancora continuare i libri. Mi ci vuole circa un mese per scrivere un copione e non avevo un mese da buttare via, quindi mi sono detto, salterò la quinta stagione. Ho saltato anche la sesta e la settima stagione, sto provando a concentrarmi su questo libro, che come sapete è incredibilmente in ritardo. Quindi in questo senso, il mio coinvolgimento nello show è diminuito, però sono sempre disponibile per qualsiasi cosa, e sono sempre felice di intervenire. David e Dan sono venuti a Santa Fe e abbiamo discusso molti degli ultimi sviluppi, il traguardo del percorso che abbiamo fatto insieme. Quindi non c’è bisogno che io sia così coinvolto come all’inizio.

Quando vi siete incontrati a Santa Fe avete avuto la sensazione che fosse un addio, oppure avete provato una malinconia per il tempo passato?

Beh, di certo per me il tempo è passato molto velocemente. So che quel primo incontro è stato anni fa, ma a me sembra la settimana scorsa. La televisione va molto veloce, e sfortunatamente io non scrivo così alla svelta i miei libri. Quindi quando ci siamo incontrati la prima volta, non mi sarei mai sognato che lo show si sarebbe messo in pari con i libri, ma così è stato e adesso siamo giunti qui. E spero che la nostra destinazione sarà la stessa, anche se abbiamo preso due strade diverse.

La consapevolezza che sono due cose diverse deve essere un conforto nella scrittura – il fatto che ciò che scrive sarà solo opera sua.

Ci provo! Non posso lasciarmi influenzare dallo show. Lo show è fantastico, ma una serie televisiva e un romanzo sono cose diverse. Lo show ha dei problemi pratici di cui io non devo occuparmi. C’è un budget molto grosso, uno dei più notevoli nel mondo televisivo, ma è comunque un budget, non possono continuare ad aggiungere personaggi. Io invece sì! Loro devono tenere in considerazione i contratti degli attori, le tempistiche delle riprese, le locations, tutte quelle preoccupazioni concrete che io non ho.

Il fatto che negli anni lo show abbia ricevuto sempre più attenzione l’ha resa un perfezionista nella scrittura? Ora scrivere è più difficile?

Sì! E non è solo per via dello show. Anche se lo show potrebbe, in effetti, essere un motivo. I libri hanno avuto un enorme successo. Credo che siano stati tradotti in 47 lingue, che è sbalorditivo. Anche i miei primi lavori sono stati tradotti però, ragazzi, ora sono tradotto in lingue che non ho mai sentito prima, in ogni angolo del mondo. I libri sono stati nominati per molti premi importanti e hanno delle recensioni eccellenti. È tutto fantastico, ma mette anche una certa pressione. Invece di scrivere semplicemente una storia, c’è un tizio nella mia testa che dice: “No, deve essere perfetto! Deve essere fantastico! Stai scrivendo uno dei più grandi fantasy di tutti i tempi! Quella frase è perfetta? Questa decisione è perfetta?” Quando ho cominciato nel 1991, stavo solo provando a scrivere una storia nel miglior modo possibile. Non credevo che sarebbe diventato una pietra miliare del genere. Il fatto che abbia ricevuto tutte queste attenzioni positive e tutti questi elogi, recensioni meravigliose, nomination per vari premi, aumenta le pressioni e il desiderio di fare sempre meglio.

Il fatto che la serie TV sia iniziata nello stesso momento in cui è stato pubblicato A Dance with Dragons è stata una perfetta coincidenza. Se prima il suo lavoro aveva un’ampia base di lettori e delle buone recensioni, poi è diventato una delle saghe più famose di sempre.

In realtà il successo non è arrivato subito. Quando lo show è iniziato, alcune delle recensioni erano negative, e altre erano molto positive, certo, ma non eravamo nemmeno vicini al successo del miglior show di HBO. True Blood aveva molti più spettatori. Ma con la prima, la seconda e la terza stagione, c’è stato un passaparola, la sua popolarità si è diffusa e anche il grande successo è arrivato. Quando è stato pubblicato nel 1996, A Game of Thrones non è affatto diventato un best-seller. Per niente. Il secondo libro, A Clash of Kings, quando è uscito nel 1999, è entrato a far parte di qualche classifica, penso che fosse quella del Wall Street Journal, al #13 per una settimana, e poi è sparito. Un anno dopo, A Storm of Swords era più in alto nella classifica e ci è rimasto per un paio di settimane. Ogni libro ha avuto risultati migliori di quello prima, e così è stato anche per ogni stagione dello show. Che per me è un grande complimento – tutto il passaparola.

Ogni post-it corrisponde ad un personaggio morto…

Quando cammini per le strade di Santa Fe, ti vengono in mente nuovi dettagli sui personaggi o sulla storia?

A volte mi capita quando devo guidare per un tragitto lungo. Quando ero più giovane mi piacevano un sacco i viaggi per strada, prendevo la macchina e guidavo per due giorni fino a Los Angeles o Kansas City o Saint Louis o fino in Texas. E per strada, ci pensavo molto. Nel 1993, mi sembra, sono stato in Francia per la prima volta. Avevo iniziato Game of Thrones due anni prima, nel ’91, e avevo dovuto metterlo da parte per via del mio lavoro in televisione. E per qualche motivo, avevo noleggiato un’auto, guidavo in giro per la Bretagna e le strade francesi per visitare dei piccoli villaggi medievali, e vedere tutti quei castelli in qualche modo ha riportato la mia attenzione sul libro. Pensavo a Tyrion, Jon Snow e Daenerys e nella testa avevo solo Game of Thrones.

Lei si trova in un territorio insolito: i personaggi sono perlopiù ancora nelle sue mani, ma sono anche in TV, interpretati da attori. È in grado di stabilire dei confini, in modo che, ad esempio, la sua Daenerys sia la sua Daenerys, e la Daenerys dello show sia quella di Emilia Clarke?

Ci sono riuscito. I confini ci sono. Non credo, però, che ci siano stati fin dall’inizio. A volte, quando David, Dan e io discutevamo sul da farsi, io preferivo sempre rimanere fedele ai libri, mentre loro preferivano fare alcuni cambiamenti. Credo che uno dei più grandi sia stata la loro decisione di non riportare indietro Catelyn Stark nei panni di Lady Stoneheart. Probabilmente è stato il primo grande cambiamento dello show rispetto ai libri e, come sapete, io non ero d’accordo, ma David e Dan hanno preso questa decisione.

Nella mia versione della storia, Catelyn Stark riprende vita e diventa una creatura piena di rancore al comando di un gruppo di uomini, che cerca di avere la sua vendetta nelle Terre dei Fiumi. David e Dan hanno deciso di non prendere quella direzione, e di percorrere altre strade. Ma penso che entrambe le versioni siano allo stesso modo valide, perché Catelyn Stark è un personaggio di finzione e non esiste. Si possono raccontare entrambe le storie su di lei.

Qual è stata la scena più difficile da scrivere?

Le Nozze Rosse, senza dubbio. Sapevo che le Nozze Rosse sarebbero arrivate e le avevo pianificate sin dall’inizio, ma quando sono giunto a quel capitolo, a due terzi di A Storm of Swords, mi sono reso conto di non riuscire a scriverlo. Ho saltato quel capitolo e ho scritto le centinaia di pagine seguenti. Il libro era finito, eccetto la scena delle Nozze Rosse, e tutte le conseguenze. Era troppo difficile scrivere quella scena, perché mi ero immedesimato in Catelyn per così tanto tempo, e ovviamente ero molto affezionato anche a Robb, nonostante non fosse mai stato un personaggio POV, e anche ad alcuni dei personaggi minori. Sono personaggi minori ma si instaura un rapporto anche con loro, e io sapevo che sarebbero morti tutti. È stata una delle scene più difficili che io abbia mai scritto, ma anche una delle più forti.

Ha introdotto Lady Stoneheart perché era difficile dare l’addio definitivo a Catelyn?

Sì, forse. Probabilmente in parte è questo il motivo. In parte era anche il tipo di dialogo di cui parlavo prima. E qui devo ritornare a Tolkien. E sembrerà che io lo stia criticando, anche se forse è così. Mi ha sempre dato fastidio che Gandalf ritorni in vita. Per me le Nozze Rosse sono come le miniere di Moria del Signore degli Anelli, e quando Gandalf muore – è un momento devastante! A 13 anni non me lo aspettavo, mi ha colto completamente di sorpresa. Gandalf non può morire! Lui sa tutto quello che succederà! È uno degli eroi principali! Oddio, cosa faranno senza Gandalf? Adesso ci sono solo gli hobbit?! E Boromir, e Aragorn? Beh, forse Aragorn va bene, ma è comunque un momento importantissimo. Un coinvolgimento emotivo enorme.

E poi nel libro successivo, rieccolo di nuovo, e in America i libri sono stati pubblicati con un intervallo di sei mesi, che per me sono sembrati un milione di anni. Quindi per tutto quel tempo ho pensato che Gandalf fosse morto, poi è tornato ed era Gandalf il Bianco. E, meh, era più o meno quello di sempre, a parte il fatto che era più potente. In un certo senso, stavo parlando con Tolkien nel nostro dialogo, dicendogli: “Sì, se qualcuno torna dal regno dei morti, soprattutto se ha avuto una fine traumatica e violenta, non sarà tanto buono come prima.” Questo è quello che ho provato, e che sto ancora provando a fare con il personaggio di Lady Stoneheart.

E anche Jon Snow, nello show, ne esce distrutto dopo essere tornato in vita.

Giusto. E il povero Beric Dondarrion, che è stato creato come anticipazione di tutto questo, ogni volta è un po’ meno Beric. I suoi ricordi stanno svanendo, ha tutte queste cicatrici, fisicamente diventa sempre più orribile, perché non è più un essere umano vivente. Il suo cuore non batte, il sangue non scorre nelle sue vene, è un non morto, ma è un non morto animato dal fuoco invece che dal ghiaccio; qui torniamo alla questione del ghiaccio e del fuoco.

C’è qualcosa di cui non abbiamo parlato?

Suppongo che ci siano alcune cose che avremmo potuto esplorare più a fondo riguardo la questione della violenza sessuale e delle donne – è un discorso complicato e insidioso. Per tornare un attimo sull’argomento, vorrei dire che tengo molte sessioni di autografi, e penso probabilmente di avere più lettrici femmine che maschi. Solo per poco, probabilmente è un 55 contro un 45 per cento, ma a questi eventi vedo molte lettrici e adorano i miei personaggi femminili. Sono molto orgoglioso di avere creato Arya, Catelyn, Sansa, Brienne, Daenerys, Cersei e tutte le altre. È una delle cose che mi dà più soddisfazione, il fatto che siano state così apprezzate come personaggi, specialmente dalle lettrici donne, che spesso non vengono rappresentate a dovere.

In futuro, quando Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco saranno concluse, spera di tornare a lavorare su generi diversi?

Sì… ma per finire questi libri mi ci vorranno ancora degli anni, e io ne ho già 68, perciò… Al momento ho abbastanza idee per scrivere libri fino a 168 anni. Ma probabilmente non vivrò 168 anni. Quindi quanto tempo mi resta? Mi vengono sempre delle idee nuove, perciò potrei non scrivere mai nulla su quelle vecchie. Quindi chissà? Scrivo ciò che voglio scrivere.

Sono stato fortunato con il successo di questi libri e di questo show. Per il momento voglio finire questi romanzi; credo di doverlo al mondo e ai miei lettori. È ciò per cui verrò ricordato. Ma dopo scriverò qualcos’altro, spero. Potrei ricominciare a scrivere racconti brevi. Mi piaceva un sacco. Non ne scrivo da molti anni, ma ho qualche idea in proposito. Non scriverò mai più un’enorme storia di sette libri che dura 30 anni!


Traduzione: Chiara B.
Editing: Alex A.
Fonte: TIME

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